Fino ad ora le decisioni sul governo di questa fase pandemica sono state imposte come operazioni dettate e legittimate dalla necessita di gestire l’emergenza. Per quanto radicali possano essere queste trasformazioni, c’è un dato indisponibile al cambiamento: per funzionare, l’accademia ha bisogno di tutte e tutti noi.
BRAIN è lo spazio in cui da mesi studenti, studentesse, ricercatori, ricercatrici e docenti, con numeri sempre crescenti, hanno scelto di prendere posizione per esprimersi autonoma-mente sulle trasformazioni in corso. Questo foglio e il frutto di una riflessione e di un per-corso di organizzazione collettivi: una presa di posizione critica sull’Università (e non solo) di Bologna, sul governo emergenziale della didattica e della ricerca al tempo della pandemia e sul modo in cui questo ha accelerato processi in atto già da tempo e destinati a durare. I tre interventi che compongono questo foglio corrispondono a tre assi di discussione individua-ti nel percorso assembleare dei mesi scorsi. Didattica, ricerca e rapporto tra università, città e società non sono però tre settori isolati: in ciascuno di essi si intrecciano le esperienze a partire dalle condizioni materiali di lavoro, apprendimento, insegnamento e ricerca che tutte e tutti noi viviamo.
La didattica a distanza (DAD) presenta ambivalenze, limiti e possibilità di usi imprevisti non riducibili alla semplice opposizione DAD-sì, DAD-no. Presentata come innovazione dal carattere necessario e neutrale, la DAD è il perno dell’università piattaforma che accelera e intensifica contraddizioni già presenti nelle modalità di accesso e trasmissione del sapere, di per se inscritte in un tessuto socia-le segnato da marcate disuguaglianze. In questo contesto, la DAD promuove una standardizzazione tanto del sapere, quanto di studenti e studentesse, visti come “semilavorati” da plasmare e da piazzare sul mercato del lavoro. Di contro, noi pensiamo sia necessario sin da subito far valere la nostra posizione contro la riproduzione delle disuguaglianze e lo svuotamento dei percorsi formativi, affermando che didattica e apprendimento non possono in nessun modo rinunciare alla loro dimensione critica e collettiva.
Chi fa ricerca oggi, o aspira a farla una volta conclusi gli studi, sa che la precarietà è presentata ogni giorno come un destino ineluttabile e che il mercato e le sue domande definiscono con sempre maggior forza gli scopi della ricerca stessa. Se la gestione pandemica della ricerca ha lasciato dottorandi, dottorande e assegnisti nella condizione di doversi occupa-re individualmente di superare gli ostacoli, alcuni dei quali insormontabili, con i quali i loro progetti si sono scontrati, noi crediamo che un intervento coordinato e sistematico sia necessario e urgente. Se la competizione individuale a ogni costo è vista come l’unica via d’accesso a risorse strutturalmente scarse, noi pensiamo che salvaguardare la dimensione cooperativa della ricerca e della produzione di sapere sociale sia un’esigenza improrogabile.
L’Università è un nodo centrale della produzione e riproduzione sociale e ormai da anni, sotto il nome di “Terza Missione”, il rapporto con le aziende segna indiscutibilmente il suo indirizzo politico; così, l’Università risulta tanto avvinta nella trama imprenditoriale locale, quanto sincronizzata con le esigenze dettate dalla riorganizzazione globale del capitalismo contemporaneo. Allo stesso tempo, la tecnologia della distanza ridefinisce nettamente la relazione tra l’Università e il territorio: non solo la sua attività si basa sempre di più sulle piattaforme, ma è l’Università stessa che si configura sempre più come piattaforma che sottrae autonomia al cervello collettivo. Se il governo della pandemia e il progetto di cui e parte sono sempre più amministrati secondo logiche di mercato, noi pensiamo che l'emergenza sanitaria e politica non possa consentire all’Università di diventare una struttura di ordinazione e distribuzione della conoscenza in pillole o di produzione e riproduzione delle disuguaglianze.
Noi sappiamo che nessuna delle trasformazioni in corso è neutra, ed è chiaro che molti elementi perdureranno anche al di là della pandemia. Questo foglio è dunque il primo tassello per fare in modo che BRAIN continui a essere un cervello collettivo capace di far valere una posizione differente e costruire iniziativa critica a partire da chi vive l’accademia. La campagna per l’elezione del nuovo rettore, o della nuova rettrice, e alle porte; la contesa elettorale non ci appassiona, ma crediamo che con essa possa aprirsi uno spazio per far vale-re la nostra posizione, consapevoli che solo una presa di parola collettiva e trasversale può essere all’altezza della sfida che abbiamo di fronte.
Comments