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A PROPOSITO DEL BLOG

La mia storia

Siamo precari e precarie della ricerca e della didattica, studentesse e studenti coinvolti dai mutamenti imposti dal diffondersi dei contagi. In questi mesi in cui la pandemia ha investito con uno shock anche il lavoro e la vita dell’Università – abbiamo iniziato a discutere assieme su quanto sta avvenendo nel mondo. Ci pare infatti che le trasformazioni della didattica e della ricerca che abbiamo vissuto in queste settimane siano destinate a modificare in profondità il senso e le modalità del nostro lavoro, come pure dell’esperienza studentesca. Non pensiamo di trovarci di fronte a una sorta di “sospensione della normalità” destinata a far tornare “tutto come prima” tra qualche mese. Crediamo piuttosto che l’effetto della pandemia sull’università sia stato quello di intensificare e accelerare alcuni processi in corso e che nei prossimi mesi avverrà una trasformazione potenzialmente radicale.
Sino ad ora le decisioni riguardanti l’università sono state prese in maniera emergenziale, con direttive spesso poco chiare e una sostanziale assenza di spazi di confronto e discussione. Proprio perché queste decisioni avranno effetti anche al di là della situazione emergenziale, abbiamo ritenuto necessario e urgente aprire questi spazi, per poter ripensare in maniera aperta il futuro dell’università.
Anche se i finanziamenti stanziati finora dal Governo interrompono una lunga fase di tagli, ci sembrano non solo insufficienti, ma anche discutibili rispetto alla loro effettiva destinazione e distribuzione. Pensiamo sia importante prendere parola tanto perché quei finanziamenti siano aumentati, quanto per esprimerci sulle forme e la qualità della ricerca e della didattica che dovrebbero sostenere.
Per tutti questi motivi, abbiamo avviato un percorso e una serie di momenti di incontro e confronto per discutere di questi temi e provare a costruire una voce nell’università che possa interrogarsi e agire efficacemente e autonomamente nelle trasformazioni che stanno avvenendo.
Indagando i punti di connessione fra le nostre esperienze, a partire dalle condizioni materiali di lavoro, apprendimento, insegnamento e ricerca, abbiamo deciso di affrontare la questione secondo tre assi di discussione:
- L’Università e la tecnologia della distanza
L’accelerazione dei processi di digitalizzazione vissuta in questi mesi ha innescato trasformazioni che hanno interessato l’intero mondo universitario. Si tratta di trasformazioni destinate a durare, sia pure in forme nuove, che stringono sempre di più il nesso tra ricerca e didattica: precarie e precari della ricerca sono stati – e continueranno a essere – obbligati a prestare un servizio didattico, in maniera informale o scarsamente retribuita. Che cosa ha significato e che cosa significherà insegnare, fare ricerca e studiare a distanza? Quali saranno gli effetti concreti sui percorsi di formazione? Quali saranno le condizioni di un’innovazione tecnologica che, mentre si muove su piattaforme private, inevitabilmente incide sulla qualità della didattica da una parte e dall’altra dello schermo, come pure sulle condizioni in cui viene condotta la ricerca? Come contrastare l’intensificazione del tempo di lavoro determinata dalla digitalizzazione? Cosa fare affinché la ricerca non sia sacrificata alla domanda della didattica a distanza, e affinché la didattica non sia ridotta alla mera erogazione di un servizio?
- Ricerca e riproduzione della precarietà
La pandemia ha mostrato all’opinione pubblica, in modo che probabilmente non si coglieva da decenni, l’importanza della ricerca. Questo riconoscimento deve però innescare un processo di stabilizzazione di precari e precarie che animano la ricerca, così come deve interrogarci sul tipo di ricerca che verrà finanziata e promossa. Proprio per l’importanza che la ricerca rivestirà nella ricostruzione, è possibile prevedere che si riorganizzeranno “politiche del sapere” funzionali a governare i nuovi assetti della “società pandemica”, coinvolgendo in modi diversi tutti i soggetti che gravitano attorno al mondo della ricerca.
In che modo la ricerca verrà impiegata per quella che da più parti viene chiamata “ricostruzione”? Che tipo di ricerca esige la ricostruzione? In quali settori e per quali ricerche verranno investiti i fondi del decreto rilancio e quelli che verranno dall’Europa?
- Università e rapporto con la città
In una città come Bologna il rapporto tra università e città ha sempre rivestito un ruolo di primo piano. In che modo, l’università e le istituzioni cittadine pensano di adeguare le strutture universitarie – quelle destinate alla didattica, alla ricerca e allo studio, ma anche alla vita dei fuorisede – alla “convivenza” con il virus? In che modo, poi, mentre si prevede un aumento consistente della disoccupazione e un calo generalizzato dei redditi, l’università pensa di far sì che la didattica a distanza sia una scelta e non una costrizione, producendo e confermando gerarchie tra gli studenti e tra coloro che, in condizioni stabili o precarie, dovranno erogare la didattica a distanza?

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